… là devi portare frutto.
In qualsiasi luogo ci troviamo dobbiamo darci da fare per realizzare qualcosa di buono, di bello e di utile. Anche se questo posto è il carcere.
Scrivere questo post mi ha emozionata perché “Sulla linea… la mia vita dietro le sbarre”continua ad andare in giro, incontra lettori, condivide con loro esperienze e progetti. Il 10 e l’11 febbraio è stato ospite del Liceo “A. Sanvitale” di Parma e ha risposto alle domande di 130 ragazzi e ragazzi delle classi quinte (tramite Valeria, sorella di Francesco). E poi ha incontrato, nella stessa città, circa 60 studenti universitari e ha scambiato con loro riflessioni e opinioni. Il giorno dopo a Verona, accolto con entusiasmo dall’Associazione FeVoss (Federazione dei Servizi di Volontariato Socio-Sanitario, in collaborazione con il progetto “Insieme si può… di più”).
Il titolo del progetto di lettura degli studenti è stato: “Sulla linea… la mia vita dietro le sbarre. Porta frutto nel luogo dove sei piantato“. Questo tema trae spunto da una riflessione di Francesco a pag. 170:
Il seme viene messo sottoterra e per portare frutto deve morire. Ed è quello che ho fatto io. Ero un seme, ho voluto germogliare e portare frutto, pur trovandomi in questo luogo.
La storia di Francesco Carannante è stata pensata e scritta nella Casa di Reclusione di Rossano circa cinque anni fa e ricordo ancora oggi quanto tempo, dedizione e tormenti ha richiesto la sua elaborazione e la conseguente stesura:
“Qui metto la parola FINE a questo libro, al fiume di ricordi che è scaturito dalle profondità del mio essere, alla lava incandescente di dolore, di sofferenze, di rimorsi e di rimpianti che era imprigionata nel mio cuore…
… ho ricordato, ho viaggiato indietro nel tempo, abbiamo scritto, corretto, cancellato e riscritto. Poi è arrivato il momento di lasciarlo volare via, libero”. (p.212)
E da quando l’abbiamo lasciato volare libero, al di là delle mura e delle sbarre del carcere, questo libro ha fatto tanta strada e ne farà ancora tanta, perché i messaggi in esso contenuti sono potenti e toccano la mente e il cuore di chi si sofferma sulle sue pagine, si immerge nelle sue profondità e ne perlustra il fondo, riportando poi in superficie le perle e i coralli e facendo tesoro dei terribili errori commessi da “quel ragazzo balordo”.
Ringrazio ancora Giuseppe La Pietra, coordinatore Cefal (Scuola Centrale di Formazione), perchè quando venne all’Unical lo scorso mese di settembre (presentai lì il libro durante la “Notte dei Ricercatori”) percepì le potenzialità di questa storia e gìà allora mi parlò di un eventuale progetto di lettura per gli studenti di Parma. Detto fatto: quell’idea l’ha concretizzata.
Ringrazio anche gli studenti e i loro docenti, perché hanno dedicato tempo e attenzione per svolgere l’intero progetto e soprattutto perché hanno dimostrato sensibilità e apertura mentale verso un tema così complesso e delicato.
La mia gratitudine, naturalmente, va anche a Valeria (nella foto sopra), perché ha saputo trasmettere con le sue parole e il suo modo di essere l’amore di tutta la sua famiglia verso Francesco. Se lui, in tutti questi anni di detenzione (sono 28) è riuscito a far morire il ragazzo balordo che entrò in carcere il 15 dicembre 1992 e a far nascere una nuova persona… è prima di tutto grazie al loro amore e alla loro costante presenza:
“… l’amore è qualcosa di molto più ampio che abbraccia tante cose e coinvolge altri aspetti del nostro essere.
Non possiedo nulla e non dispongo di nulla, per ogni cosa devo chiedere agli agenti o fare una richiesta scritta ma… non mi sono mai sentito così ricco.
E dovevo scendere all’inferno per scoprirlo”. (p. 213)
Ritornando al titolo, Francesco è la prova che non è il luogo a “fare la persona” ma è proprio il contrario. Ognuno di noi è piantato in un luogo, proprio come se fosse un albero che ogni anno porta frutti. Adoperiamoci affinchè i nostri frutti siano buoni e sani. È dai frutti, infatti, che si riconosce l’albero.
P.S.: all’interno della Casa di Reclusione di Rossano è presente una scuola, l’Istituto Tecnico Industriale “E. Majorana”, un albero che dà buoni frutti ogni anno. Francesco ha conseguito il diploma grazie a questo albero.
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Letizia Guagliardi
Tutto ciò dimostra che la parabola dei talenti è viva…complimenti a Francesco che ha saputo far morire l’uomo di prima ed ha fatto nascere un uomo migliore…
Complimenti a te per il bellissimo lavoro che hai fatto. Buona domenica a tutti
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Grazie, Merlino. Buona giornata anche a te.
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Gv 10:10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.Gloria al nostro Dio che conosce bene dove io sono piantato e vuole anzi ha desiderato trapiantarsi da un posto ad un altro dal buio e tenebre alla sua gloriosa luce.È vero ovunque ci possiamo trovare la nostra vita dimostra dove siamo piantati e anche se siamo stati portati in terra migliore coltivata dal migliore agricoltore della storia dell umanità il quale ogni giorno manda la sua Parola per invitarci nel suo giardino e nella sua cura personale.Anche tu lasciati trasportare e curare da Gesù Cristo e potrai vedere frutti nuovi e totalmente migliori dei precedenti. Pace sono Antonio Ambrosio e sto pregando per te che leggi
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Grazie, Antonio.Ti auguro frutti sempre buoni lì dove sei piantato.
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Francesco, albero dal “grande tronco”, albero forte, speranza piantata dietro le sbarre di un carcere, figlio dell”universo. Ma tu sei riuscito a crescere nel Silenzio! Francesco, nel posto dove sei stato piantato non ha soffiato il vento da far si che i tuoi rami si inclinassero, al contrario essi hanno visto porzioni di cielo azzurro grazie alla forza dello Spirito Santo! SEI Stato Rigenerato!!! (La rigenerazione è nuova Creazione) (Matteo 19 20) Dio ti ha dato nuova vitalità, nuove abitudini, nuovi desideri.
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È vero, Rosa! A Francesco, in carcere, è stata offerta l’opprtunità di cambiare e di rigenerarsi e lui l’ha accolta. Il resto l’ha fatto l’amore della sua famiglia.
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