Ti è mai capitato di spiegare qualcosa a qualcuno e ti è sembrato che l’altro non capisse ciò che nella tua mente era così chiaro e semplice? O anche il contrario: tu hai ascoltato ma non non hai capito ciò che l’altro ti stava comunicando? Eppure quella persona è nota per la sua preparazione!
Ebbene, questa si chiama MALEDIZIONE DELLA CONOSCENZA.
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Perché maledizione? Perché una volta che abbiamo imparato qualcosa non riusciamo a ricordare come ci sentivamo prima di conoscerla e non sappiamo condividerla con gli altri perché diamo per scontate cose che invece non lo sono affatto.
Molti concetti o idee spesso sono vanificati perché formulati con un linguaggio difficile e astratto e per questo non arrivano in modo efficace nella mente di chi ascolta. Questo si verifica ogni giorno: tra politici ed elettori, tra insegnanti e studenti, tra scrittori e lettori, tra capi d’azienda e dipendenti, tra dottori e pazienti.
Non è affatto scontato che chi conosce benissimo una cosa sappia poi spiegarla bene, in maniera semplice e chiara. Chi vive costantemente immerso in concetti già di per sé complessi – pensiamo alla fisica, al marketing, alla finanza, per esempio – alle conferenze e ai seminari chi soffre di questo paradosso tende a sopravvalutare chi gli sta di fronte, per cui ciò che dice risulta spesso incomprensibile. Magari per l’uso esagerato di acronimi, di abbreviazioni, di parole straniere e di termini da addetti ai lavori.
C’entra l’arroganza con questa maledizione? Certo, e se ne accorse anche Shakespeare in “Come vi piace“:
“Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.
E anche Bertrand Russell, filosofo e matematico:
“Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni”.
La soluzione? La FORMAZIONE.
Se n’era già accorto Socrate: “Io so di non sapere” che diventa consapevolezza di non avere una conoscenza definitiva e per questo scatta il desiderio di imparare.
La formazione ci dà l’umiltà per acquisire ulteriore conoscenza. Chi è umile si rende conto di avere sempre bisogno di imparare. E qui entra in gioco l’UMILTA’ DELLA CONOSCENZA contrapposta all’ARROGANZA DELL’IGNORANZA.
Imparare a comunicare può esserci utile per trasferire le nostre conoscenze, per esempio accompagnando i concetti più difficili con esempi, con racconti e con aneddoti. Gesù, per esempio, ricorreva alle parabole per illustrare le profonde verità divine.
Ma, allora come ora, queste sono solo per chi ha orecchie disposte ad ascoltare. Non è roba per i duri di cuore e con le orecchie lente all’ascolto.
Letizia Guagliardi
Totalmente condivisibile, Letizia. Un bell’articolo che invita a riflettere, come sempre.
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Grazie, Fabrizio.
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Decisamente aveva ragione Socrate… Ma come accade spesso anche per lui valse il detto Nemo profeta in patria… A parte il trattamento che gli fu riservato…
Insomma, strano a dirsi ma risultano più convincenti gli ignoranti rispetto ai sapienti… Un esempio per tutti. I pubblicitari e gli stilisti della moda hanno convinto i ragazzi, maschi e femmine, a vestirsi con pantaloni strappati e largamente bucati… Se non sbaglio un tempo era sinonimo di povertà… Pardon oggi si direbbe condizioni diversamente agiate…
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Comunque sia, Merlino, poiché ormai è chiaro che è così, facciamolo nostro il suo “Io so di non sapere”.
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