
Nel post della settimana scorsa (QUI) ho dimenticato di elencare un’altra abilità (o abilitazione) che un insegnante deve conseguire se vuole gestire le classi – sempre più diverse da quelle di un tempo – e se vuole interessare gli alunni alle sue lezioni e non annoiarli (con le conseguenze che si possono intuire).
Perché deve essere anche un sub?
Perché … se vuole trovare le perle (i talenti) deve tuffarsi e andare nel fondo del mare. È lì che giacciono le ostriche, i coralli, le conchiglie più belle. Se si limita a nuotare o a stare a galla non vede niente e non raccoglie niente.
Costa fatica, certo. E tempo, anche, per imparare a tuffarsi come si deve, a respirare nel modo giusto, a prendere la perla e risalire in superficie.
Ha bisogno di nuove attrezzature perché il mare lo richiede.
La lezione frontale non basta più. La didattica è diventata (o deve diventare) creativa e il docente ha l’opportunità di potenziare (non di sostituire) le metodologie di studio e di apprendimento servendosi della tecnologia: tablet, LIM, laboratori, ecc. Ecco perché deve favorire i lavori di gruppo (quando è possibile), lavorare su un argomento, individuare le abilità di ogni alunno, farle emergere. A questo punto tutti sono coinvolti, l’insegnante motiva, si analizzano i punti deboli e i punti di forza, si potenziano i valori che aiutano a migliorare.
I ragazzi sono tutti diversi ma è proprio questa diversità che crea ricchezza. Il compito dell’insegnante è di spronare i suoi alunni a collaborare donando la propria abilità (la perla estratta dal fondale marino): chi è bravo nella grafica, chi scrive bene in italiano (o in un’altra lingua), chi ama disegnare, chi sa abbinare bene i colori, chi è un esperto di musica, chi un fotografo provetto, chi sa declamare versi, chi è un genio della matematica… Quando ci si impegna in un compito ben preciso, di cui si conoscono le motivazioni e l’obiettivo da raggiungere, le idee vengono una dopo l’altra:
Si può resistere all’invasione degli eserciti,
non si può resistere all’invasione delle idee. (Victor Hugo)
La scuola cambia, la società cambia, devono cambiare anche la didattica, lo stare in classe, lo studio a casa. Non più tante nozioni e informazioni ma formazione; meno teoria, molta più pratica. Basta con noiose e inutili tiritere su scrittori, condottieri, musicisti: capire, invece, cosa ha reso grandi i personaggi che sono entrati nella storia e come possono essere un esempio per noi. Riflettere, per esempio, sulle tecniche di scrittura che hanno reso immortali la “Divina commedia”o i “Promessi sposi”, sullo stile che ha resi unici Joyce, Virginia Woolf o Dostojevskij (solo per citarne alcuni), sul coraggio di Rosa Parks, sulla tenacia di Thomas Edison, sulla lungimiranza di Henry Ford, sulle strategie militari dei grandi condottieri, sulla passione di Verdi, di Chopin o di Ludovico Einaudi (ci sono anche straordinari esempi nel nostro presente!)
Ogni giorno, in classe, è una sfida. A volte si vince, altre volte ci si sente come Davide davanti a Golia. In ogni lezione l’insegnante si mette alla prova, impara i propri limiti, scopre cose che nemmeno immaginava. Ogni tanto è soddisfatto, spesso si scoraggia, capita anche che inciampi in qualche ostacolo proprio quando già intravede il traguardo.
Ma poi si rialza e ricomincia un’altra lezione perché ha scelto di essere un… INSEGNANTE!
Letizia Guagliardi
Mi piace l’assioma tra l’insegnante e il sub,a pensarci bene il sub per poter esplorare la fauna Marina deve scendere in profondità non può rimanete alla superficie, così noi come insegnanti non possiamo soffermarci all’immagine esterna dei nostri allievi ma andare oltre per cercare di aiutarli a sviluppare e a riconoscerele qualità, le attitudini proprie.
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Grazie, Lucia. Come si dice? L’apparenza inganna. Non sempre, ma spesso sì.
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Carissima, le parole sono riflessi sonori di stimoli nervosi. Solo nei grandi poeti sono dettate dallo spirito.
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Ciao, Giovanni. È vero, ma è anche vero che questo spirito non è esclusiva dei grandi poeti. Secondo me, ognuno di noi può allenare il proprio spiriito a far uscire le parole più belle e più vere.
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Ciao, Letizia. Leggendo quello che hai scritto, ho rivisitato i miei bellissimi anni di educatrice. Complimenti! Ho colto la profonda verità di ciò che dici!
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Ciao, Rosa. Sono felice di averti suscitato bei ricordi. Già il fatto che dici “i miei bellissimi anni…” indica con quanto amore hai svolto il tuo compito.
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