Violenza sulle donne: tre modi per iniziare a combatterla.

C’è chi violenta una donna con le parole, quelle che non lasciano lividi visibili ma feriscono lo stesso, quelle che riducono il cuore in frantumi o quelle che calpestano la sua intelligenza. Intimidazioni, ricatti, denigrazioni sia private che pubbliche, controllo nelle scelte personali e nelle relazioni sociali (genitori, parenti, amici e colleghi): le armi a disposizione sono diverse ma tutte letali.

C’è chi violenta una donna umiliando e sfruttando il suo corpo, costringendola ad attività sessuali senza il suo consenso, rivolgendole avances e commenti non desiderati.

C’è chi violenta una donna tappandole la bocca con un pugno ogni volta che esprime un’opinione, aggredendola con calci e spinte, lesionandole la pelle con bruciature di sigarette o gettandole in faccia dell’acido.

C’è chi violenta una donna impedendole di leggere o di andare a scuola, perché così non può pensare e ribellarsi.

C’è chi violenta una donna tarpandole le ali ogni volta che esprime un desiderio, un sogno da realizzare, un obiettivo da raggiungere.

C’è chi violenta una donna impedendole l’autonomia economica costringendola, quindi, in una situazione di dipendenza.

C’è chi violenta una donna non permettendole di praticare il suo credo religioso o imponendole il proprio.

C’è chi violenta una donna minacciandola con telefonate, sms, emails, appostamenti sotto casa, nel suo posto di lavoro e in tutti i luoghi che lei frequenta.

C’è chi violenta una donna quando, dopo aver sporto denuncia, non viene creduta o le si rivolgono domande volte a farla vergognare, a sminuirla, a farla sentire in colpa, a farla sentire giudicata.

C’è chi violenta una donna quando le si dice: “hai voluto la parità?”, “te la sei cercata”, “se mi lasci ti rovino”, “se mi lasci ti tolgo i figli”, “se mi lasci t’ammazzo”, “se mi lasci m’ammazzo”.

C’è chi violenta una donna quando, prima di assumerla per un lavoro, le si chiede se è mamma o se ha intenzione di diventarlo.

“Se mi lasci libera mi hai già insegnato come restare” (Emily Dickinson)

La lotta contro la violenza sulle donne deve iniziare cambiando il sistema: la donna deve essere protetta e tutelata già dalle prime manifestazioni di rischio, interrompendo così il protrarsi di ripetuti atti violenti che, spesso, culminano nell’omicidio. Si tratta della vita di una persona, quindi il solo divieto di avvicinamento si è rivelato, finora, blando e inutile.

La lotta contro la violenza sulle donne deve iniziare non trascurando e non sminuendo i ripetuti campanelli d’allarme, anche da parte delle persone vicine alla vittima di soprusi. Il ricatto, le manipolazioni, le umiliazioni, le intimidazioni, la gelosia, il controllo, le intrusioni, l’isolamento, l’essere ignorata sono tutti segnali di abuso che devono essere intercettati e bloccati in tempo perché sintomi di una relazione non sana.

La lotta contro la violenza sulle donne deve iniziare già dai bambini molto piccoli, in famiglia, innanzitutto, a scuola, nello sport. Rispetto e amore: due parole che devono camminare insieme, non possono coesistere se, fin dalla più tenera età, non si considerano le “persone” ma si fa differenza fra maschio e femmina, bambino e bambina, uomo e donna. Non possono coesistere nemmeno se in casa il padre urla contro la madre, l’offende di continuo, la reputa inferiore, un oggetto, una sua proprietà. Non possono coesistere quando i bambini sentono battute a sfondo sessuale che hanno per oggetto le donne, quando ai maschi sono evitate le faccende domestiche perché sono “cose da femmine”.

Niente educa di più all’amore e al rispetto degli esempi positivi dei propri genitori, poi degli insegnanti, dei coach, ecc. I comportamenti violenti – e anche quelli pacifici – non sono innati, si acquisiscono in base alle esperienze vissute. Per questo, io alla giornata del 25 Novembre (Giornata contro la violenza sulle donne) voglio associare quella del 20 Novembre (Giornata Mondiale dei diritti dei bambini).

Perché tutti i bambini hanno il diritto di crescere imparando cos’è l’amore, il rispetto e la libertà.

Letizia Guagliardi

2 risposte a "Violenza sulle donne: tre modi per iniziare a combatterla."

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  1. Sinceramente penso che Giulia e tutte le altre donne che non ci sono più non meritavano, a prescindere, quello che hanno subito. E il colpevole per tutte è sempre lui…un maschio stupido, arrogante, prepotente e violento…Certamente occorre agire per far capire a tutti i maschi che è ora di cambiare registro…in pratica essere normali…Si può avere differenze di vedute, opinioni ma la violenza non mai giustificabile. E se non si va d’accordo….pace si prendono strade diverse. Ma non serve e non basta aspettare i risultati delle iniziative nelle scuole…il processo sarebbe inevitabilmente lento…occorre rieducare il mondo maschile in tanti ambiti. Per esempio, in tv c’è quel signore che per esprimere le sue opinioni urla e dice “capra capra” alla persona malcapitata di turno…o quei politici maschi che sorridono con sufficienza quando l’interlocutore/trice dice qualcosa che proproo non gli piace …e potrei continuare.
    Mi sono chiesto perché Otello deve uccidere l’incolpevole Desdemona fidandosi del traditore ed invidiosissimo Jago.
    E se si in una recita, liberamente tratta dal testo classico, si cambiasse il finale ?
    Otello crede a Desdemona, che vive…e giustamente prende a calci Jago??
    Forse, chissà, potrebbe funzionare…e se ci pensate sono tanti i finali da cambiare…Paolo e Francesca, la baronessa di Carini…
    O fra Cristoforo che convince quella coppia di bulli molto poco perbene di don Rodrigo e don Egidio.
    In fondo in tv ci sono state tante parodie per ridere…forse sarebbe utile farle per pensare…e senza attendere un funerale.

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  2. Grazie, Merlino. Sicuramente solo la scuola e solo la famiglia non possono risolvere il problema. Occorre lavorare in sinergia, coinvolgendo, come proponi tu, anche chi va a dibattere in TV. Chi si espone pubblicamente deve essere consapevole che ciò che dice o fa può essere emulato, nel bene e nel male, soprattutto dalle giovani generazioni. Per quanto riguarda il finale di tante opere letterarie famose, sono perfettamente d’accordo con te, non per qualcosa contro l’autore ma per offrire uno spunto di riflessione più approfondito, viste le circostanze attuali. Nel mio laboratorio di scrittura creativa con i bambini, per esempio, stiamo riscrivendo in chiave moderna alcune delle fiabe più amate. Abbiamo appena finito “Pinocchio” e ora stiamo analizzando Belle e la Bestia.

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